Il cannabinoide Cannabidiolo (CBD) contenuto nella cannabis, se utilizzato a fianco della chemioterapia, aumenta nei topi di tre volte la sopravvivenza per tumori al pancreas. Il carcinoma pancreatico è una malattia particolarmente aggressiva e ha uno dei più bassi tassi di sopravvivenza fra tutti i tumori, a causa della scarsa accessibilità dell'organo e per l'iniziale assenza di sintomi della malattia. La combinazione di farmaci sembra bloccare una proteina chiamata GPR55, rallentando la crescita delle cellule tumorali pancreatiche e aprendo un nuovo fronte sull'uso terapeutico della cannabis.
Il nuovo studio, condotto dalla Queen Mary University di Londra, ha esaminato l'impatto del CBD su topi affetti da tumore pancreatico, somministrandolo insieme ad un farmaco chemioterapico comune, la Gemcitabina. Gli animali trattati con questa combinazione hanno avuto una sopravvivenza media di 56 giorni, mentre i topi sottoposti alla sola chemioterapia hanno vissuto per 23,5 giorni, i topi senza alcun trattamento per 20 giorni, dimostrando tra l'altro la poca efficacia dei farmaci chemioterapici da soli.
Il CBD cannabinoide non causa effetti psicoattivi, al contrario del tetraidrocannabinolo (THC). Come tale, il CBD è già approvato per l'uso in clinica e non affronta gli stessi problemi di prodotti come l'olio di cannabis, che contengono sostanze controllate. I ricercatori aggiungono che il CBD è anche noto per migliorare gli effetti collaterali della chemioterapia, tra cui nausea, diarrea, vomito, il che significa che potrebbe anche migliorare la qualità della vita dei pazienti sottoposti a chemioterapia. Il ricercatore principale, il professor Marco Falasca afferma: "Questo è un risultato notevole. Abbiamo trovato che i topi con cancro del pancreas sopravvivono quasi tre volte di più se un componente della cannabis medicinale è stato aggiunto al loro trattamento di chemioterapia. Il cannabidiolo è già approvato per l'uso nelle cliniche, il che significa che possiamo rapidamente testarlo negli studi clinici sull'uomo." Quindi secondo i ricercatori se questi effetti si riproducono nell'uomo, il cannabidiolo potrebbe essere utilizzato nelle cliniche oncologiche quasi immediatamente, senza dover aspettare che le autorità approvino un nuovo farmaco.
Fonte: www.scienze.fanpage.it - articolo di Lorenzo Fargnoli