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Campagna di sensibilizzazione sul Tumore al Pancreas 2023

Quest’anno la Giornata Mondiale, che sarà contraddistinta dall’hashtag #HelloPancreas, si celebra giovedì 16 novembre, con iniziative in tutto il mondo promosse dalle associazioni pazienti.

La Giornata Mondiale è un momento prezioso per coinvolgere l’opinione pubblica e le istituzioni su questa patologia ed anche su questo piccolo ma importantissimo organo.
Fondazione Nadia Valsecchi e Associazione Oltre la Ricerca ODV,  da anni impegnate a promuovere questa iniziativa in Italia, suggellano la loro collaborazione con una campagna nazionale che prende spunto da una domanda che vuole essere quasi una provocazione “Quanto pesano 80 grammi?”

80 grammi è infatti il peso medio del pancreas, un organo piccolo  ma di grande importanza, con un “peso” dunque di gran lunga superiore alle sue dimensioni fisiche. 

Di seguito tutto il materiale della Campagna "Quanto pesano 80 grammi?" che ha avuto il patrocinio di Federfarma e SIMG, Società Italiana di Medicina Generale, un grandissimo passo verso una sensibilizzazione sempre più efficace.

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I FATTORI DI RISCHIO

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Fattori di rischio per il Tumore al Pancreas

I SINTOMI

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Sintomi del Tumore al Pancreas

I NUMERI

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I numeri del Tumore al Pancreas

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GIORNATA MONDIALE TUMORE PANCREAS

La campagna sui fattori di rischio e sui sintomi è presente anche su  www.giornatamondialetumorepancreas.it 

In caso di comparsa e persistenza di sintomi, rivolgersi al proprio medico.


LE INIZIATIVE LOCALI

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Le iniziative a Rimini
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Prof. Vincenzo Corbo e Dott. Michele Bevere – Università di Verona.

Nelle nostre cellule il DNA è normalmente organizzato in strutture chiamate cromosomi. Durante la replicazione cellulare questi cromosomi sono equamente divisi tra le cellule figlie. In cellule tumorali, è possibile trovare dei frammenti circolari di genoma di grandi e piccoli dimensioni che si muovono all'interno del nucleo. Questo DNA, appunto definito extracromosomiale (ecDNA), può contenere geni che sostengono la progressione tumorale (chiamati oncogeni) e non obbedisce alle stesse regole del DNA cromosomiale durante la divisione cellulare: ovvero, viene distribuito in maniera casuale tra le cellule figlie. Questo contribuisce all'EMERGENZA (da questo il titolo della proposta) di cellule con diverse quantità (dosaggio) di oncogeni e pertanto rappresenta una della cause più importanti dell'eterogeneità all'interno del tumore.  

Il laboratorio ha scoperto che gli ecDNA sono piuttosto frequenti nel cancro del pancreas, ed in particolar modo arricchiti in tumori con cattiva prognosi. Mediante l'utilizzo di modelli di malattia chiamati organoidi, abbiamo poi osservato che questi ecDNA consentono alle cellule tumorali di adattarsi molto rapidamente ai cambiamenti del microambiente.

Tutto però ha un costo, anche nel cancro. Le ricerche del Prof. Corbo e del Dott. Bevere infatti dimostrano che la presenza di questi ecDNA rende le cellule "stressate". Le cellule tumorali contenenti ecDNA sono infatti caratterizzate da un sistema di riparazione al danno al DNA costantemente allarmato, il che lo rende potenzialmente suscettibile ad aggressione farmacologica. Infine il DNA circolare è rilasciato dalle cellule pancreatiche e questo ne fa un ideale biomarcatore circolante perchè resistente all'azione degli enzimi che normalmente degradano gli acidi nucleici (DNA ed RNA) nel circolo ematico. 

Quello che si propone in questo progetto è capire se i tumori che contengono ecDNA sono più suscettibili a farmaci che colpiscono i meccanismi di riparazione al danno al DNA. Questo potrebbe portare ad una migliore selezione di pazienti da trattare con determinati farmaci consentendo quindi di massimizzare le risposte terapeutiche e di ridurre effetti indesiderati non associati a beneficio.

Al contempo, si vuole esplorare la possibilità di utilizzare questi ecDNA come biomarcatori personalizzati (ogni ecDNA è unico per ciascun paziente) che consentano di monitorare l'evoluzione della malattia mediante biopsia liquida e quindi in maniera non invasiva.

Il progetto sarà cofinanziato con la Fondazione Nadia Valsecchi.

Dottorato di Ricerca per il Dott. Paolo Camisa – Ospedale San Raffaele Milano. 
Supervisori Prof. Stefano Crippa e Prof. Lorenzo Piemonti

Una delle più grandi sfide che l’adenocarcinoma pancreatico ci pone davanti è senza dubbio quella di trovare un trattamento per la malattia metastatica al fegato. Questo punto risulta infatti cruciale in quanto più della metà dei casi viene diagnosticata in stadio avanzato, quando il tumore è già presente nel fegato. Nonostante la ricerca continui, ad oggi, per questi pazienti sono disponibili solamente dei regimi chemioterapici poco efficaci. Una delle principali ragioni di ciò è il fatto che il tumore del pancreas sviluppi una densa barriera fisica che risulta difficilmente attaccabile dai farmaci ad oggi a disposizione.

Il progetto di ricerca mira a trovare una soluzione a questo quesito, sfruttando un innovativo sistema di terapia cellulare basato su cellule staminali mesenchimali, ottenibili dal midollo osseo o dal tessuto adiposo. Queste cellule sono molto versatili e possono essere utilizzate come dei corrieri per il rilascio mirato di un chemioterapico, nello specifico il Nab-Paclitaxel, a livello delle metastasi. Si tratta infatti di cellule che naturalmente sono sia in grado di migrare verso siti di danno (come appunto le metastasi) che di inglobare e poi rilasciare sostanze chimiche, come appunto il chemioterapico. Questo approccio ha dimostrato numerosi vantaggi, le cellule caricate con il farmaco vengono infatti infuse attraverso la vena porta, che raggiunge direttamente il fegato, evitando così una diffusione delle stesse a tutto l’organismo e limitando quindi la possibilità di effetti collaterali in altri organi e apparati. I risultati preclinici di questo studio sono incoraggianti e mostrano una riduzione significativa del volume delle metastasi a fronte di una minore tossicità rispetto al protocollo chemioterapico standard. 

L'obiettivo ad oggi è quello di caratterizzare meglio questo tipo di trattamento, studiando anche la possibilità di applicarlo in combinazione con altri tipi di terapia cellulare o immunologica, che hanno già un impiego clinico in altri tipi di tumori. Si vorrebbe inoltre approfondire il ruolo dell’infiammazione e della risposta immunitaria che questo tipo di trattamento induce nei confronti del tumore stesso. Questi ulteriori studi permetteranno di valutare e comprende più nel dettaglio l’efficacia e la sicurezza di questo approccio, anche in vista di un possibile sviluppo clinico.

Il progetto di ricerca verrà svolto presso il Diabetes Research Institute del San Raffaele, guidato dal Prof. Piemonti, e prevede la durata di 3 anni. 
Questo progetto sarà cofinanziato con la Fondazione Nadia Valsecchi.  

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